Wabisabi
- Chiara Marturano
- 18 set 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Sai cosa significa questa parola? E no, non sto parlando del wasabi, un ravanello giapponese molto piccante da cui si ricava la tipica crema verde per sushi (l'ho assaggiato un paio di volte, mi sembrava di avere fuoco nel naso, infatti è anche soprannominata namida, cioè "lacrime", perché se usata in quantità eccessiva può far piangere). Wabisabi è un'altra parola giapponese, che si riferisce a una visione del mondo giapponese, o estetica, basata sull'accettazione della caducità e dell'imperfezione delle cose (da Wikipedia).
Nella puntata 5 del podcast ho parlato di perfezionismo che potrebbe ritorcersi contro: se da un lato porta ad approfondire, a prendersi cura delle cose, dei progetti o delle relazioni che stabiliamo, dall'altro diventa un grosso limite. : se il nostro progetto non va a buon fine ci trasformiamo in fallimenti, se in una relazione commettiamo errori viviamo in sensi di colpa, vergogna al punto da abbandonare quel legame perché ci sentiamo inadeguati. Cercare di accettare noi stessi e gli altri per quello che siamo è il primo passo verso una visione del mondo più realistica, comprensiva e compassionevole. la domanda sorge spontanea in questo flusso di pensieri: quanto siamo compassionevoli nei nostri confronti? Cioè, quanto siamo preparati, disposti a trattarci con gentilezza e dolcezza, quando commettiamo errori? Se da un lato la spinta al miglioramento è importante, ci fa crescere, ci aiuta a sviluppare i nostri talenti e le nostre capacità, dall'altro il perfezionismo, l'idea di dover avere successo e di eccellere senza margini di errore , rischia di condurci a un'eterna insoddisfazione, frustrazione e senso di inadeguatezza che ci blocca, invece di stimolarci. "non sarà mai perfetto, tanto vale mollare subito" Quanti limiti rischiamo di imporci! Mi piace molto il concetto di caducità e imperfezione: il primo ci spinge a vivere nel qui e ora, a godere di ciò che sta accadendo nel momento presente, il secondo a farlo per quello che è, non per quello che potrebbe essere, senza cambiandolo di una virgola. Il solo pensiero è stancante. No? Cosa può esserci utile per accettare questa imperfezione?
1. Accettazione. Lavoriamo su noi stessi, l'imperfezione fa parte della nostra natura umana
2. Autenticità. Cerchiamo di sostituire l'idea di perfetto con quello di autentico, onesto, qualcosa che sentiamo veramente nostro.
3. Immaginazione. Proviamo a pensare a questo: se avessi iniziato a fare quel progetto la prima volta che ci ho pensato, ormai l'avrei finito (o sarei a buon punto!). Un nuovo percorso di studi, una carriera, un cambiamento nella comunicazione con gli altri ecc.
4. Qui e ora. Proviamo, anche per le cose più piccole, a stare con ciò che sta accadendo intorno a noi, osservando e frenando quell'irrefrenabile voglia di intervenire.
E tu, quale metodo usi per goderti l'imperfezione?

Comments