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Immagine del redattoreChiara Marturano

La violenza di Genere passa anche dal salario

In Islanda le donne e le persone binarie in sciopero contro la violenza e il Gender pay gap

Avete mai provato a cercare “cosa fare se qualcuno ti molesta”? Tra i vari suggerimenti evitare il contatto visivo, camminare dall’altra parte della strada, tenere il cellulare in mano con il numero della polizia pronto e così via.

Tutti articoli e statistiche rivolti alle donne. Ho provato a cercare “cosa fare se una donna ti molesta”. Il motore di ricerca mi restituisce gli stessi risultati, sempre rivolti alle donne*.


Secondo i dati raccolti dall'Unodc-United Nations Office on drugs and crime relativi al 2021, si sono registrate in Germania 337 vittime di omicidi di genere, in Francia 228, in Gran Bretagna 207, in Spagna 97. L’Italia è al quarto posto con 119. Stiamo ancora discutendo se esistano i femminicidi.


L’Islanda ottiene, invece, il primato del numero più basso, con un solo caso.

Islanda che oggi scende in piazza per uno sciopero di donne e persone non binarie proprio contro il gender gap e la violenza di genere. Il 40% delle donne islandesi dichiara di aver subito una forma di violenza.

Il 30 Marzo di quest’anno il Parlamento Europeo ha emanato la direttiva sulla trasparenza retributiva* che, tra le altre cose, punisce le aziende che mantengono una disparità salariale superiore al 5%. Ma ci vuole tempo perché gli Stati membri adeguino le proprie norme e attuino i controlli. Non sarebbe la prima multa che viene comminata per il mancato rispetto delle tempistiche di attuazione (vedi la sicurezza in azienda).

Il gender pay gap esiste ancora. Le donne vengono ancora pagate meno rispetto agli uomini per le stesse mansioni. In Ue il 13% in meno.


E’ un diritto avere lo stesso salario per le stesse mansioni o ruolo ricoperto. Perché non dovrebbe essere così?

La discriminazione a livello salariale non solo è ingiusta e ingiustificata, comporta un altro grosso problema. Diminuisce il potere economico della donna e, dunque, la sua indipendenza. Soprattutto psicologica e decisionale.


Secondo i dati disponibili (che non includono tutti crimini che non sono stati denunciati), in Europa una donna su tre, dai 15 anni in su ha subito violenze fisiche o sessuali. Se penso a tutte le donne che conosco, mi vengono i brividi.


Nella puntata del #podcast con ospite Flavia Brevi (ascolta la puntata qui) abbiamo parlato di un altro strumento importantissimo per combattere stereotipi e violenza. La parola.

Usare parole che rispettino ognuno di noi con le nostre unicità, che uniscano ed allarghino le nostre prospettive è un mezzo potente per combattere le discriminazioni e la violenza.

Proprio raccontando della manifestazione in Islanda, tantissimi articoli hanno utilizzato termini poco inclusivi (ad esempio “le organizzatrici”, tralasciando il fatto che tra loro ci sono persone non binarie e, magari anche uomini).

Se da una parte servono parole che sensibilizzino dall’altra servono parole che definiscano:

fare battute a sfondo sessuale non significa fare i “giggioni” (o “cazzeggiare”) ma sono molestie. Sfruttare il proprio ruolo per affermare il proprio diritto di dire e fare ciò che si desidera nei confronti di una persona che non ha la stessa autorità è un atto di abuso.

Affermare che un femminicidio, in cui la vittima è una donna, possa essere paragonato a un omicidio ordinario, trascurando il movente radicato nella mentalità maschilista e nella falsa convinzione di avere il diritto di dominare un'altra persona, è del tutto ingiustificabile.


In un’intervista sul film The Post, Meryl Streep ha detto:

“Le donne hanno imparato il linguaggio degli uomini, hanno vissuto nelle case degli uomini per tutta la loro vita. Possiamo parlare questa lingua. Le donne parlano uomo. Gli uomini non parlano donna".

Oggi sono con il cuore con le persone che manifestano in Islanda e in tutto il mondo (penso alle manifestazioni in Iran e alla morte di Armita)


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*Esistono le molestie a danno degli uomini, ma sono statisticamente poco rilevanti.

«La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salvo restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi» Cos’è una direttiva? (laleggepertutti.it)

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