Hitoritabi e vita da Expat
- Chiara Marturano
- 22 mag 2023
- Tempo di lettura: 4 min
un Viaggio alla Scoperta di sé

Come molti di voi sanno quattro anni fa io e la mia famiglia ci siamo trasferiti nei Paesi Bassi.
Un desiderio nato molti anni prima: sia io che mio marito avevamo già vissuto all’estero, io per periodi brevi, lui durante gli anni dell’università. Avevamo già vissuto all'estero, io per periodi brevi, lui durante gli anni dell’università, e sentivamo la necessità, comune a tanti, di soddisfare bisogni che il nostro Paese non raccoglieva: un lavoro retribuito adeguatamente, spazi per giocare all’aperto con nostra figlia, attività per lei e noi a cifre abbordabili, politiche sociali che fossero affini ai nostri valori. All'epoca vivevamo in un condominio, una casa piccola piccola, costretta tra i vicini e il muro di contenimento della via dov'era il nostro palazzo. Ci sentivamo confinati nonostante le porte di casa fossero sempre aperte ad ospitare gli amici, la nostra famiglia allargata, e poi c’erano i nostri fantasmi personali da sfuggire.
Avevamo bisogno di ritrovare una certa pace interiore.
La pianificazione del nostro "passaggio" è durata anni, a raccogliere informazioni (rigorosamente riportate su schemi di excel), a visitare altri luoghi... finchè abbiamo deciso la méta: i Paesi Bassi. E' stato solo l'inizio. L'altro importante step è stato trovare lavoro: capire come, quando e a chi mandare le candidature innanzitutto, e poi infiniti colloqui, fino a che un giorno, eravamo in vacanza, è arrivata la telefonata che ci avrebbe cambiato la vita. Venite ad Eindhoven? Dire ok è stato facile, dirlo alla famiglia allargata, no.
In poco più di due mesi abbiamo impacchettato noi stessi, pochi mobili, lasciato i nostri fardelli, due valige e via.
Biglietto di sola andata. Due valige. Eravamo sotto Natale. È stato il primo che abbiamo passato qui. Soli.
Hitoritabi, è il termine giapponese per "viaggio solitario", un’occasione per immergersi nella propria interiorità e riflettere. Trovo che la filosofia dietro a Hitoritabi e la vita da expat abbiano alcuni aspetti simili come: la scoperta di Sé in contesti nuovi e sconosciuti, il mettersi in gioco, affrontare l'ignoto e abbracciare ogni opportunità che la vita ci offre.
Arrivata qui, con il mio inglese zoppicante e zero olandese, trovavo difficile sostenere anche una semplice conversazione. Come docente d’aula, però, ero abituata a parlare 8 ore al giorno. E adesso mi trovavo limitata. Eppure per me, è stata una cura e un ottimo esercizio di ascolto. E mi ha cambiata. Rispetto alla me in Italia, parlo molto meno e le frasi sono semplici, essenziali. Fortunatamente, le amiche che ho conosciuto in quel periodo non avevano bisogno che dicessi nulla, qualcosa di me le invitava comunque a starmi accanto.
La filosofia di hitoritabi invita a prendere una pausa dalla frenesia quotidiana, vivere da expat mi ha offerto la possibilità di prendere questa pausa, seguendo anche il flusso in una cultura e un ambiente completamente nuovi.
Questo tipo di vita, o di viaggio, permette di mettere alla prova le proprie abilità di adattamento, di apprendere una nuovo lingua, di vivere in una comunità internazionale e, quindi, di comprendere diverse prospettive culturali e di ampliare il proprio orizzonte.
Certo la solitudine non è una situazione appagante e desiderabile per tutti e, anche per chi ne sente la necessità non lo è per tutto il tempo.
Mi piacerebbe condividere ed esplorare con voi molti aspetti della vita all’estero: quelli personali e quelli legati al mondo del lavoro, gli ostacoli e le situazioni assurde che, come immigrati, ci troviamo ad affrontare: da come rispondere ad un annuncio di lavoro, ad esempio, a come ci immaginiamo in un paese straniero.
A volte la buona volontà non basta: ci sono ostacoli difficili da superare, come la lingua, il bisogno e la necessità di ricostruire una rete amicale e familiare, e magari un atteggiamento mentale: ho sempre fatto così.
Una delle parole chiave nella vita all’estero è sicuramente "inizio" che è sempre foriero di grandi opportunità, per certi versi, ma spaventoso per altri: e adesso, da dove comincio? Come si può fare? Come facciamo a riempire quella pagina bianca con àncore che ci diano forza e stabilità? Come facciamo a ricomporre il nostro nuovo Sé? Cosa abbiamo lasciato indietro, nella nostra vecchia casa? Quali pezzi conserviamo? Quali nuovi aspetti e caratteristiche abbiamo aggiunto? Un po' come quando ho dato il via all’avventura del podcast con una pagina bianca.
E adesso un invito: se siete anche voi expat e avete voglia di condividere le vostre esperienze, scrivetemi a chiaramarturano@gmail.com
Se non siete expat ma siete curiosi e avete delle domande l’invito a scrivere è aperto a tutti!
Disclaimer. Expat o immigrati? Ho deciso di utilizzare il termine expat per due ragioni principali: il primo motivo è l'abitudine, da prima che arrivassi qui venivo definita expat e non sapevo, all'epoca, le implicazioni dietro all'uso di una parola o di un'altra. Il secondo è legato al Seo, tra le parole chiave più ricercate e legate al mio lavoro, c'è expat. Non vivendo discriminazioni dirette, nella mia testa expat e immigrato erano (e restano) solo sinonimi e le ho sempre usate indifferentemente. So, adesso che non è così. Ma a questo argomento voglio dedicare un articolo perchè è davvero importante e di non facile comprensione.
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